Le tempistiche burocratiche per una causa civile o penale in Italia sono un insulto al concetto stesso di giustizia. Un sistema che dovrebbe garantire equità e rapidità si trasforma troppo spesso in un labirinto soffocante, dove cittadini e imprese restano intrappolati per anni, se non decenni, in attesa di una sentenza. È una vergogna nazionale, un fallimento strutturale che mina la fiducia nello Stato e alimenta un senso di impotenza diffusa.
Le tempistiche in ambito civile
In ambito civile, le tempistiche per una causa per un banale contenzioso contrattuale o una disputa ereditaria, possono richiedere dai 3 ai 7 anni solo per il primo grado di giudizio. Se si arriva in appello o, peggio, in Cassazione, si parla di un’odissea che può superare i 10 anni. Nel frattempo, le vite delle persone coinvolte restano sospese: famiglie si sgretolano, aziende falliscono, diritti restano sulla carta. I numeri sono impietosi: secondo il rapporto CEPEJ del Consiglio d’Europa, l’Italia è tra i peggiori Paesi europei per durata dei procedimenti civili, con una media di oltre 500 giorni per il primo grado, contro i 200-300 di Paesi come Germania o Francia.Sul fronte penale, la situazione è altrettanto scandalosa.
Le tempistiche in ambito penale
Un processo per reati minori può trascinarsi per anni, mentre per casi complessi, come quelli di criminalità organizzata, si arriva a tempistiche grottesche. La prescrizione, poi, è la beffa finale. Infatti, migliaia di procedimenti si chiudono senza giustizia, non perché l’imputato sia innocente, ma perché il sistema è troppo lento per arrivare a una sentenza definitiva. Nel 2023, secondo il Ministero della Giustizia, oltre 130.000 procedimenti penali sono stati archiviati per prescrizione. Un dato che grida vendetta.
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Le cause di tutto ciò
Tutto ciò, è un mix tossico di sottofinanziamento, organici insufficienti, procedure arcaiche e una cultura burocratica che premia la forma sulla sostanza. I tribunali sono soffocati da carichi di lavoro insostenibili. Un giudice civile italiano gestisce in media 1.000 cause, contro le 300-400 di un collega tedesco. La digitalizzazione, tanto sbandierata, procede a rilento: fascicoli elettronici che si perdono, notifiche che si bloccano, sistemi informatici che collassano. E mentre i cittadini pagano le conseguenze, la politica si limita a proclami e riforme di facciata, incapace di affrontare il problema alla radice.

Conclusioni
Questa lentezza non è solo un problema tecnico, è una questione morale. Un sistema giudiziario che non riesce a garantire tempistiche ragionevoli, è un sistema che tradisce i suoi cittadini. È ora di smettere di accettare questa situazione come “normale”. Servono investimenti massicci, semplificazione delle procedure, assunzioni di personale qualificato e, soprattutto, una volontà politica che metta la giustizia al primo posto. Perché un Paese che lascia i suoi cittadini in balia della burocrazia non può chiamarsi civile.
