A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di Garlasco, un nuovo reperto potrebbe riscrivere la storia di uno dei casi giudiziari più controversi d’Italia. Durante l’incidente probatorio disposto dalla gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, è emerso un capello di tre centimetri dal sacco azzurro della spazzatura di casa Poggi, conservato per anni senza essere analizzato. La scoperta, avvenuta nei laboratori della Questura di Milano, poco prima di un blackout che ha interrotto le operazioni, rappresenta un colpo di scena in un’inchiesta che sembrava ormai chiusa.

Il capello trovato tra i resti della colazione di Chiara

Il capello, trovato tra i resti della colazione di Chiara – come vasetti di Fruttolo, cereali e un brick di Estathé – sarà esaminato dai consulenti del gip, Denise Albani e Domenico Marchigiani, per tentare di estrarre un profilo di DNA nucleare. Sebbene non sia ancora chiaro se il reperto possegga il bulbo, necessario per un’identificazione univoca, l’analisi potrebbe, comunque, fornire un aplotipo mitocondriale, utile per escludere sospetti o stabilire relazioni di parentela.

I capelli del 2008

Nel 2008, Previderè analizzò sette capelli stretti nel pugno della vittima e altri ventinove in una pozza di sangue. Tutti risultarono appartenere a Chiara, senza tracce riconducibili ad Alberto Stasi, il fidanzato condannato a 16 anni. Questo nuovo capello, però, potrebbe indicare la presenza di un’altra persona sulla scena del crimine, alimentando l’ipotesi di più soggetti coinvolti.

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Conclusioni

Nonostante l’ottimismo di Luciano Garofano, ex comandante del Ris e consulente di Sempio, che ha definito i reperti “in buone condizioni”, il legale dei Poggi, Gian Luigi Tizzoni, invita alla cautela. Infatti, i materiali, conservati per anni, potrebbero essere contaminati. L’incidente probatorio riprenderà il 4 luglio, con analisi su tamponi e altri reperti. Intanto, il capello di tre centimetri tiene viva la speranza di fare luce su un delitto che, dopo quasi due decenni, continua a interrogare la giustizia italiana

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